Il "nuovo" Consiglio regionale: 39 su 80 vengono dalla Dc

da La Nuova Sardegna
3 marzo 2009

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Il Centrosinistra recupera un seggio ma la distanza dal Centrodestra si è ridotta in maniera insignificante: lo schieramento vincente, guidato dal neo presidente della Regione Ugo Cappellacci, ha infatti 53 consiglieri regionali, mentre quello guidato da Renato Soru è arrivato a quota 27. E’ la novità ufficializzata ieri dalla proclamazione degli 80 eletti che è stata fatta dalla Corte d’appello e dai Tribunali al termine dello spoglio più lungo che della storia politica sarda (e forse dell’Occidente moderno). Entro venti giorni, su convocazione di Cappellacci, l’assemblea regionale si riunirà per eleggere il proprio presidente. In attesa che la quattordicesima legislatura inizi a essere operativa, l’attenzione - oltre che alla formazione della giunta - è dedicata al responso delle urne. Che, a iniziare dal clamoroso ribaltone politico dopo i quattro anni e mezzo di Renato Soru, ha detto molte cose interessanti.

Un distacco mai di questa portata. Una maggioranza post elettorale del 66,2 per cento non si era mai vista in epoca di bipolarismo. Tanto è vero che il Centrodestra non ha avuto bisogno di far scattare il «premio» in seggi. Basti pensare che nella passata legislatura, dopo la trionfale vittoria di Soru, il Centrosinistra per arrivare al 60 per cento previsto dalla legge, ebbe bisogno di un premio di maggioranza pari a cinque consiglieri: la situazione di partenza fu di 51 al Centrosinistra e 34 al Centrodestra. Sono numeri che, paragonati a quelli odierni, descrivono da soli il terremoto politico che ha travolto Soru e la sua coalizione.

Rinnovamento meno marcato. I consiglieri che siederanno per la prima volta nell’aula di via Roma sono 35 (pari al 45,7%), gli uscenti riconfermati sono 36, quelli che vi rientrano dopo precedenti esperienze sono 9. Il maggior numero di conferme, data la debacle degli avversari, è ovviamente nel Centrodestra, che, tra l’altro, aveva fatto la scelta di ricandidare quasi tutti proprio per dare più peso alle liste. Tra i rientri ci sono nomi di spicco. Come il parlamentare dell’Udc Giorgio Oppi, che preferisce lasciare Montecitorio, l’assessore ancora in carica Gianvalerio Sanna, gli ex assessori Andrea Biancareddu, Pietrino Fois e Giacomo Sanna, il coordinatore dei Riformatori Michele Cossa (che lasciò il Consiglio nel 2001 per diventare deputato), il sardista Efisio Planetta (che fu eletto negli anni 80), e il forzista Paolo Terzo Sanna, che è stato consigliere regionale solo per un anno all’inizio della legislatura (poi perse la battaglia legale avviata da un altro candidato). E infine ancora l’Udc con il decano della politica sarda Felicetto Contu, 82 anni.

I record di due ex presidenti. Felicetto Contu debutta come consigliere provinciale di Cagliari nel 1951: negli anni 60 è presidente del Consiglio regionale, quindi deputato e sottosegretario, negli anni 90 europarlamentare, nel 1999 ritorna in Consiglio con l’Udc e diventa assessore all’Agricoltura, ora, dopo quattro anni e mezzo di pausa forzata, la rielezione. Cinquantanove anni dopo la prima. Per la Sardegna è un record assoluto. Ed è record anche quello di Mario Floris: sette legislature regionali. La prima nel 1974, un’unica pausa, dopo aver guidato la giunta e il Consiglio, tra il 1994 (quando crolla la Dc) e il 1999. Un rientro alla grande: di nuovo presidente della giunta. Rieletto nel 2004, ora raggiunge il record delle sette elezioni.

Questa Dc che non finisce mai. Impressiona un dato in queste elezioni regionali: al di là delle sigle ufficiali, il gruppo politico più numeroso è quello degli ex democristiani: ne sono stati individuati 39 su 80. Neanche ai tempi d’oro la Dc aveva raggiunto una percentuale così vicina al 50 per cento dei seggi consiliari. La maggior parte sono nel Centrodestra: ben 30. Fa impressione - ma è specchio dei tempi - il raffronto con gli ex di casa Pci: sono appena 8, di cui 5 nel Pd, 2 nel Prc, 1 nella Sinistra.

E nel Pd vince la Margherita. Se sono 30 su 53 nel Centrodestra, gli ex democristiani dominano anche nel Pd: dove, tutti ex Margherita, sono 9 su 19. Nel gruppo consiliare ci sono anche 7 ex diessini, nettamente superati nella guerra delle preferenze dai più esperti ex dc, più 3 di ex Progetto Sardegna, il movimento di Soru che nel 2004 aveva conquistato ben 7 seggi.

A sinistra c’è anche un tunisino. L’unico seggio del Pdci (ecco perché non vi è stato conteggiato un ex comunista) è andato a Radhouan Ben Amara, tunisino di 55 anni, consigliere comunale a Cagliari, docente universitario. E’ il primo originario di un paese extracomunitario ad essere eletto in Consiglio regionale. Si occuperà di immigrazione (è già molto attivo nelle associazioni) anche dai banchi di via Roma.

Come saranno formati i gruppi. Attribuendo ai partiti di provenienza i nove eletti nel listino, la composizione dei gruppi del Centrodestra è la seguente: Pdl 31 consiglieri, Udc 8, Riformatori 6, Psd’Az 5, Uds 2, Mpa 1. Il Centrosinistra si presenterà così: Pd 19 consiglieri, Idv 3, Rifondazione comunista 2, Pdci 1, La Sinistra 1, Rossomori 1. Saranno i singoli consiglieri, dopo l’insediamento, a indicare il gruppo di appartenenza. Per formare un gruppo occorre essere almeno in cinque, ma può essere autorizzata una formazione di tre esponenti se si è presentata in tutti e otto i collegi provinciali. I consiglieri non accasati finiscono nel gruppo misto.

Elette sei donne, solo tre nelle liste. La politica sarda continua a essere assolutamente maschilista. Su 80 consiglieri, solo 6 sono donne. Nella passata legislatura erano 8, ma solo una eletta nei collegi provinciali, le altre tutte nel listino di Soru. Stavolta, le elette nel listino di Cappellacci sono 3, le elette nei collegi provinciali altrettante: due nel Centrosinistra (Francesca Barracciu nel Pd e Claudia Zuncheddu nel Rossomori), una nel Centrodestra (ancora Claudia Lombardo, del Pdl, che è già alla quarta legislatura consecutiva, la prima a 21 anni nel 1994). E’ una situazione che pone la Sardegna in una posizione molto distante da altre Regioni e da Paesi che chiamiamo meno sviluppati. Per il Pd c’è un dato che può essere confortante e può indurre alla riflessione: tra tutti i candidati sardi quello che ha avuto il maggior numero di preferenze è proprio Francesca Barracciu nel collegio provinciali di Nuoro. L’ex segretaria del Pd ha sfiorato i 6 mila voti personali. Gli elettori, in sostanza, hanno premiato l’impegno politico di una donna alla guida del partito (anche se particolarmente difficile e conclusosi con la bagarre delle dimissioni). Un segnale che potrà essere raccolto nella costruzione del nuovo Pd.

Ingiustizie della legge elettorale. Le norme attualmente in vigore per l’elezione del Consiglio regionale hanno molte lacune. Ci sono ad esempio, nel conteggio dei resti, degli squilibri clamorosi perché l’operazione viene fatta non con la stessa percentuale in tutti i collegi. Ad esserne danneggiati sono i candidati dei collegi meno popolosi. Ecco perché nel recupero dei resti sono stati favoriti Cagliari (che ha avuto tre seggi in più dei 21 minimi fissati per legge), Sassari (che ne ha avuto due in più passando da 13 a 15) e Nuoro (che ne ha avuto uno in più passando da 7 a 8).

Ora la guerra per le elezioni interne. Il primo atto del nuovo Consiglio regionale è l’elezione del proprio presidente. Incarico di grande prestigio. La lotta sembra ormai circoscritta a Claudia Lombardo (coordinatrice di Forza Italia) e Ignazio Artizzu (capogruppo uscente di An). La Lombardo non è stata ufficialmente designata ma è stata messa in pista nei primi colloqui dopo le elezioni, mentre Artizzu è stato ufficialmente indicato dal partito. Ci saranno poi due vice presidenze (una per l’opposizione). E, infine, le presidenze delle 8 commissioni. Tra i consiglieri, visto che c’è l’incompatibilità, non c’è gram voglia di andare in giunta. Almeno sino a quando non sarà obbligatorio dimettersi.